I MIGLIORI GIONI DELL’ARTE - CON LA NOMINA ALLA BIENNALE DEL FORMIDABILE GIONI, BONAMI APPROFITTA PER REGOLARE QUALCHE CONTO IN SOSPESO: “I BARONI DELL’ARTE ITALIANA, COME CELANT E BONITO OLIVA, COME I LORO CORRISPETTIVI POLITICI, ANZICHÉ METTERE IN MANO ALLE NUOVE GENERAZIONI L’INTERPRETAZIONE DELLA LORO STORIA HANNO PREFERITO STRITOLARLA NELLE PROPRIE MANI MANDANDO IN FUMO LA LORO IMPORTANTE EREDITÀ, FINENDO PER ESSERE IGNORATI ALL’ESTERO”...

Francesco Bonami per "la Stampa"

Se per l'Italia economica è stato un annus horribilis , per l'Italia dell'arte contemporanea è un'annata trionfale. La nomina, scontata ma eccezionale, di Massimiliano Gioni a direttore della Biennale di Arti Visive del 2013 è il segnale definitivo che l'Italia dell'arte volta pagina. Non solo. Il presidente della Biennale Paolo Baratta dimostra di essere più realista del re, confermando l'autonomia culturale della Fondazione della quale è alla guida. Sarebbe stato molto complicato, anzi impossibile - volendo e dovendo dopo dieci anni (l'ultimo era stato il sottoscritto nel 2003) riportare alla guida della Biennale d'arte un italiano - spiegare perché non si fosse scelto Gioni.

Se non l'unico sicuramente il più qualificato candidato nostrano. Attualmente curatore del New Museum di New York, è il più giovane direttore di una Biennale e la prova che uscendo dall'Italia, svincolandosi dalle tante famiglie che galleggiano nella palude italica, si possono raggiungere risultati che premiano il merito e non le frequentazioni di anticamere e salotti.

Questa nomina chiude e apre un anno glorioso. Al centro del nostro trionfo artistico la mostra al Guggenheim di Maurizio Cattelan che ha battuto qualsiasi record di pubblico. Non è un caso che Gioni nasca da una costola di questo geniaccio italiota con il quale ha collaborato più volte, fra le quali la famosa Wrong Gallery, micro spazio parassita fra le grandi gallerie di Chelsea a New York e la Biennale di Berlino nel 2006.

Ma se Cattelan ha rubato l'attenzione di tutti i media, non dobbiamo dimenticare che a Madrid è in corso la prima grande retrospettiva di quel paleocattelan che fu Alighiero Boetti, il più popolare degli artisti che un tempo fecero parte dell'Arte Povera (movimento a sua volta ultracelebrato e spalmato sottilissimo sul nostro strapaese con una serie di mostre per celebrare i 150 anni dell'Unità d'Italia).

Ma queste rassegne dimostrano chiaramente come un'epoca di ideologie e strategie culturali gestite dai baroni dell'arte, Celant e Bonito Oliva, sia definitivamente tramontata. Gioni infatti li salta a pie' pari seppellendoli definitivamente.

Il giovane curatore lombardo è il capofila di una nuova generazione di curatori italiani, tutti allevati all'estero, che sta mettendo le mani nella stanza dei bottoni del mondo dell'arte occupando posizioni sempre più di prestigio. Prima fra tutti Carolyn ChristovBakargiev, non una debuttante ma pur sempre la prima italiana (anche se dal nome non si direbbe) al timone di «Documenta» che aprirà a giugno.

Gioni avrà il grande vantaggio di poter studiare «Documenta» per la sua Biennale, ma la kermesse tedesca sarà anche un temibile avversario con cui fare i conti. C'è poi Francesco Manacorda, anglofilo ex direttore di «Artissima», da pochissimo nominato direttore della Tate Liverpool sbaragliando un campo di contendenti agguerrito per una poltrona di grandissimo prestigio.

Più defilate dai riflettori della cronaca, ma bravissime, altre due curatrici. Una è Chiara Parisi che, dopo aver diretto con un programma di altissimo profilo il Centre International d'Art et du Paysage de l'Île de Vassivière, in Francia, è stata scelta fra molti candidati per la direzione del programma culturale alla Monnaie di Parigi, un'istituzione paragonabile alla nostra Zecca di Stato ma anni luce avanti a noi per ambizioni culturali e investimenti. La seconda è Cecilia Alemani, direttrice del programma artistico della Highline di New York, la vecchia linea della metropolitana che vola sopra le gallerie di Chelsea, trasformata in spazio pubblico.

Cosa ci racconta questa ascesa degli italiani sulla ribalta internazionale? Ci racconta che se per decenni i protagonisti della nostra scena artistica si sono crogiolati e poi incancreniti nella gestione della soddisfazione del potere, finalmente possiamo goderci il potere della soddisfazione, grandissima, per il successo di questi nuovi protagonisti capaci di aprire un dialogo a livello internazionale.

Sorprende e delude constatare allora che Arte Povera o Transavanguardia, i due movimenti che si sono imposti all'estero nel dopoguerra, vengano autocelebrati solo dai loro padri padroni a casa propria, senza domandarsi perché Celant, anziché sparpagliarsi per l'Italia, non si sia concentrato nello sforzo di costruire, magari passando il testimone a qualcuno dei nuovi curatori di cui sopra, una grande mostra sull'Arte Povera per consacrare definitivamente il suo importantissimo movimento all'estero. Stesso discorso per la Transavanguardia di Bonito Oliva, completamente dimenticata dai musei del mondo. Perché? La risposta è semplice anche se, grazie alla nomina di Gioni, irrilevante.

I padri padroni dell'arte italiana, come i loro corrispettivi politici, anziché mettere in mano alle nuove generazioni l'interpretazione della loro storia hanno preferito stritolarla nelle proprie mani mandando in fumo la loro importante eredità. I giovani curatori che oggi fanno sentire la loro voce sulla ribalta mondiale non sono infatti eredi né di Celant né di Bonito Oliva.

Non lo sono, come tantissimi loro coetanei non sono più eredi della nostra classe politica, perché poco è stato lasciato loro in eredità, se non debiti morali accumulati in una gestione narcisistica della cultura e del potere. La Biennale di Massimiliano Gioni, e l'attività dei suoi colleghi all'estero, aprono non un capitolo ma un libro completamente nuovo per il mondo dell'arte italiana. Non vediamo l'ora di poterlo leggere.

 

Francesco Bonami MASSIMILIANO GIONIAchille Bonito Oliva 5k52 celantCATTELAN-GIONI Paolo Baratta CAROLYN CHRISTOV BAKARGIEV AL TIMONE DI DOCUMENTA FRANCESCO MANACORDA DIRIGE IL TATE DI LIVERPOOL CECILIA ALEMANI E LA DIRETTRICE DEL PROGRAMMA ARTISTICO DELLA HIGHLINE DI NEW YORK CHIARA PARISI DIRIGE IL PROGRAMMA CULTURALE DELLA MONNAIE DI PARIGI ADRIANO CELENTANO GIONI

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