1. "SOLE, WHISKY E SEI IN POLE POSITION",TORMENTONI E AVVENTURE DEL "DOGUI" GUIDO NICHELI - JERRY CALÀ: "NESSUNO POTEVA IMMAGINARE CHE QUESTO VENDITORE DI SUPERALCOLICI SAREBBE DIVENTATO UNO DEI PIU’ GRANDI CARATTERISTI DEL CINEMA ITALIANO" - "E' STATO COME D'ANNUNZIO E KIM KARDASHIAN NELLA CAPACITA' DI COSTRUIRE IL SUO PERSONAGGIO" - DALI', IL "DERBY" E LA PROPOSTA DI TINTO BRASS - TUTTO E' INIZIATO A CENA CON STENO..." - VIDEO
1. CALA’ SU GUIDO NICHELI
La prefazione di Jerry Calà alla biografia di Guido Nicheli “See you later” per Sagoma Edizioni
Guido Nicheli? Taaac! L' ho frequentato a partire dai giorni in cui questo "taaac" non faceva presagire nulla. Nessuno tra noi amici poteva immaginare che questo personaggio, un curioso venditore di superalcolici, sarebbe un giorno diventato un attore. Era una delle strane figure che frequentavano un locale straordinario: il Derby Club di Milano. Io e i miei amici Gatti di Vicolo Miracoli siamo passati da lì nel febbraio del 1971, quando capitava di incontrare Giorgio Gaber e Gino Paoli, ma anche Guido Nicheli o il Bistecca. Alcuni erano già dei pezzi da novanta, altri erano semplicemente presenti e anche chi non aveva velleità artistiche mica stava zitto in un angolo. Tutt' altro. Nessuno si tirava indietro dal dir battute.
Al Derby di queste figure geniali ce n' erano molte. Livello complessivo sempre altissimo.
Il giorno del debutto dei Gatti, tanto per rendere l' idea, ci spingono sul palco perché noi siamo terrorizzati. Se ti accorgevi del cartellone, avevi davanti i seguenti nomi: Cochi e Renato, Enzo Jannacci, Paolo Villaggio. Un confronto non semplice. Le battute di Guido sono state rese immortali da un periodo particolarmente fortunato del cinema italiano, ma posso assicurare che il suo linguaggio nasceva molto prima, almeno dieci anni prima del suo film d' esordio, e arrivava proprio dal foyer del Derby, di cui Guido era un grandissimo animatore.
Non a caso molti del gruppo hanno - ma che dico hanno abbiamo - attinto dal suo stile. Le sue frasi a effetto erano dimostrazione di un' inventiva che andava al di là della semplice battuta. Le sue parole erano espressione di un mondo interiore.
Ancora oggi si può dire che in molti sono cascati in quel modo di parlare. Ecco la prova evidente della grande personalità di chi l' ha inventato. Non c' è bisogno di raccontare, spiegare, sottotitolare. Guido è stato un comico naturale. In Yuppies, per lo spot celeberrimo del collant Velatissimo, Guido mi dice che "è una vita che pensiamo in tandem". In effetti, ho sempre cercato di portarlo con me.
Era sempre uno spettacolo.
Gli davo il copione e lui lo "doguizzava". C' era scritto: "Rambelli, la vedo in pericolo". Lui esclamava: "Sa cosa le dico, Rambelli, che vedo la sua promozione in grave danger".
Faceva diventare di culto tutto quello che diceva. "Da casello a casello in un giro di Rolex" e si rideva di questo personaggio appena entrato in un albergo di Cortina. In più, la stessa battuta, estrapolata dal contesto e messa in qualunque altra situazione, continua a funzionare, anche se la conoscono tutti a memoria. Per questo reputo Guido tra i più grandi caratteristi del cinema italiano. A dieci anni dalla scomparsa del mio amico Guido, arriva questa biografia come giusto tributo riservato al Dogui.
Finalmente ho l' occasione per sottolineare che è stato un peccato che il cinema non gli abbia concesso altro spazio. Con Guido non c' erano mai due ciak uguali. Si sarebbero potuti riempire due dvd di extra con le incredibili battute che Guido Nicheli con fantasia tirava fuori dal cilindro delle proprie trovate.
Anche in Vita smeralda, il suo ultimo film che mi vede alla regia, le sue scene sono tutte farina del suo sacco. In una ripresa, che mi piace ricordare proprio qui, ero sul punto di chiamare lo stop per fermare tutti gli attori. Guido, già uscito di scena, torna davanti alla macchina da presa e con la sua faccetta simpatica ripete ancora una volta: "See you later".
Lui mi diceva: "Bravo, Rige". Io scrivo qui: grande, Dogui.
2. UN CARATTERISTA NATO PROTAGONISTA
Ste.Ca. per il Fatto Quotidiano
Nascere caratteristi - oltretutto per caso - ed essere sempre protagonisti, anche quando in un' ora e mezza di pellicola si compare molto meno di altri interpreti.
Certo, la storia del cinema sarà altrove, ma alzi la mano chi non si è mai fatto strappare almeno sorriso da un monologo di Guido Nicheli, il "Dogui", il "cumenda" o - come passato alla storia grazie alla terribile sit com fine Anni 80 "I Ragazzi della III C" - il commendator Zampetti: parlata sciolta da milanese ipercinetico, un misto di anglo-meneghino da yuppie ante litteram, un universo grammaticale e sintattico a sè che ha partorito un breviario di battute da antologia della leggerezza, che in tanti sanno a memoria.
Una a caso, da "Vacanze di Natale" del 1983 (nobile capostipite di un genere poi degenarato): "Ivana, fai ballare l' occhio sul tic. Milano via della Spiga, hotel Cristallo di Cortina 2 ore, 54 minuti, 27 secondi.
Alboreto is nothing". Pare che la battuta non fosse in sceneggiatura, e che al primo ciak l' intero set - Vanzina compreso - si sia capottato dal ridere. Facile crederlo.
Il segreto del caratterista che diventa protagonista è essere sè stesso sul set (un po' come il suo alter ego romano, l' indimenticabile Mario Brega, gli sketch che li vedono protagonisti entrambi sono strepitosi, farsi un giro su Youtube per credere). È noto, infatti, come la carriera cinematografica del "Dogui", odontotecnico e rappresentante di alcolici, sia iniziata in Sardegna a metà Anni 70, per caso, a cena con Steno, Renato Pozzetto e Teo Teocoli: "Steno me lo chiedeva da dieci anni, quella sera mi disse: 'Domani ti faccio lavorare' - raccontava Nicheli -.
Quando vidi la scena al cinema ho sentito la gente ridere. Allora ho pensato: 'Ho trovato il veleno. Teeec'. Perché sapete, dopo una certa età la popolarità, con il gentil sesso, aiuta".
Insomma, Nicheli non era incastrato in un personaggio.
Era il personaggio. E le è ancora, come testimonia l' epitaffio sulla sua lapide al cimitero di Zelata, in provincia di Pavia: "See you later".
IL CUMENDA D'ITALIA
Francesco Persili per Dagospia
“Tre sono le cose fondamentali nella vita: lenzuola, minestra e dieci dollari per il whiskino la sera. Più un libro di Bukowski. E’ un pugno nello stomaco ma anche lui come me era un uomo libero…”.
'Taac, scatta subito la libidine' quando si parla di Guido Nicheli, in arte Dogui, cumenda d’Italia. Dalla dura infanzia nella Milano del Dopoguerra alle notti ruggenti in Costa Azzurra con Gigi Rizzi, dai mille lavoretti (odontotecnico, rappresentante di liquori e champagne) alle vacanze negli anni Sessanta tra Cadaqués e Port Lligat a casa Dalì, la vita in prima classe del principe dei caratteristi viene ora raccontata da Sandro Patè in un libro (See you later, ed. Sagoma).
Una lettura obbligata per la generazione dei 30-40enni che hanno nella memoria i tormentoni del marito di Adriana-Virna Lisi in “Sapore di Mare” (“Porsche, auto di grande libidine”) e quelli di Donatone in “Vacanze di Natale”. “Sole, whisky e sei in pole position”.
In 40 anni Guido Nicheli non ha mai recitato. Ha sempre portato sul set sé stesso. "Il miliardario senza portafogli", l’irregolare catturato, taac, nella terra sconsacrata del cabaret. Alan O’Leary, studioso del cinema italiano e grande esperto di cinepanettoni, l’ha paragonato a Kim Kardashian e a D’Annunzio nella capacità di costruzione del proprio personaggio. Dal Derby all’Ufficio Facce del bar pasticceria Gattullo, c’è la Milano “che ride e si diverte” nel cocktail di goliardate, battute al bancone e avventure che finiscono all’alba.
L’amicizia con Teo Teocoli con cui riesce ad "imbucarsi" perfino alla festa scudetto del Milan del 1979, gli scherzi con Massimo Boldi, le notti folli con Fausto Leali, Enzo Jannacci che lo prende in simpatia e lo fa esordire al Derby nello spettacolo “La tappezzeria” su testi di Beppe Viola, il Dogui, anagramma di Guido, coltiva un genere linguistico fatto di parole all’incontrario (“Treno diventa notre, cane, neca) e fulminanti neologismi (le “fangose” sono le scarpe, il “legno”, la barca): il goger (o gorge), un modo per parlare senza farsi capire come facevano i Carbonari.
E poi “il richiamo dello spago che riecheggia nel ventre, il “collant Velatissimo”, il tipico slang dei grandi creativi all’epoca della Milano da bere quando arriva ad interpretare un pubblicitario in Yuppies prima di un’improbabile imitazione dello sciatore Pirmin Zurbriggen a Drive In nella stagione ’87-’88. “Uè, animali, cosa fate ingessati con le mandibole?” In Montecarlo Gran Casinò è Ambrogio Colombo, “sempre in plancia, presente all’appello”, nella famosa battaglia navale dei caratteristi con il romano Mario Brega che lo apostrofa col mitologico “cafonauta”.
Ne “Le finte bionde” del 1989 è un avvocato milanese di stanza a Roma con” fisicanza” di categoria: “addominali, qualche vasca e scatta il fisicone alla Marvin Hagler”.
Carlo Vanzina ricorda: “Molte battute nei nostri film sono invenzioni sue. Si dimenticava parti fondamentali e inventava di sana pianta”. Il fratello Enrico : “E’un gigante ne ‘I ragazzi della Terza C’", la serie culto di Italia 1 che piaceva anche a Berlusconi. Il Commendator Camillo Zampetti, eterno sponsor delle iniziative di Chicco Lazzaretti, Bruno Sacchi e compagni. Nell’episodio “Il giornalino di classe”consiglia di mettere in copertina un nudo di Tinì Cansino o Carmen Russo: “Ve lo dice uno che di curve se ne intende e non perche’ sono un pilota…” Quando Tinto Brass gli offre la parte di un omosessuale in Paprika, lui rifiuta pensando che si sarebbe rovinato la carriera.
Tra la fine dei Novanta e l’inizio dei Duemila viene un po’ dimenticato: “Sono un cane senza collare, non bacio pile e non lecco piedi. È per questo che lavoro poco…”, Jerry Calà lo dirige in "Vita Smeralda" nel 2006: ”Un comico naturale. Gli spiegavo il senso generale della scena poi lui con fantasia se ne usciva con le sue trovate”. Sul set c’era anche Umberto Smaila che ha condiviso con lui domeniche a San Siro (“Kakà che corre come l’Anguilla Aquiletti ma ha lo sprint di Pierino Prati, mi esalta”, diceva) e serate a Poltu Quatu: “Surreale e provocatorio, come Dalì. Impossibile non volergli bene. Aveva una fissazione per la forma fisica, non saltava mai l’ora di nuoto. Ovviamente si guadagnava il lusso di regalare consigli agli altri: “NCS…stai prendendo peso tu”. Un outsider, la quintessenza della milanesità, chi è stato davvero il Dogui? “Un pesce pilota che vive e viaggia fuori dal branco. Sembra destinato alla solitudine e invece è sempre in compagnia della sua libertà”. Taac! See you later.
giorgio faletti teo teocolisteno con i figli carlo ed enrico vanzinaEnrico e Carlo Vanzina enrico e carlo vanzina con roberto d agostinoEnzo Jannacci al Derby tra i suoi “figli” tra cui Cochi Ponzoni, Abatantuono, Boldi e Falettivacanze di natale amendola brega ovindoli