COME DAGO-DIXIT, GIORGIA MELONI È PRONTA A SOSTENERE IL BIS DI URSULA VON DER LEYEN – COME I POLACCHI DEL PIS CINQUE ANNI FA, FDI VOTERÀ IN PARLAMENTO INSIEME A POPOLARI E SOCIALISTI LA CONFERMA DELLA PRESIDENZA DELLA COMMISSIONE, PER OTTENERE UN COMMISSARIO DI PESO E PROVVEDIMENTI “BENEVOLI” SUI CONTI PUBBLICI. POI, DAL GIORNO DOPO, I FRATELLI D’ITALIA DECIDERANNO PROVVEDIMENTO SU PROVVEDIMENTO – TUTTO BENE? MANCO PER NIENTE: SALVINI LA ACCUSERÀ DI TRADIMENTO, E MACRON E SCHOLZ, CHE ROSICANO PER LA SCONFITTA, POTREBBERO ANCORA METTERLE I BASTONI TRA LE RUOTE…
ursula von der leyen giorgia meloni
1. DAGOREPORT - LA MELONI È PRONTA A SOSTENERE URSULA AL CONSIGLIO EUROPEO E PROVA A CONVINCERE ORBAN A FARE LO STESSO: È LA SUA MIGLIORE CHANCE PER CONTARE QUALCOSA
2. LA TELA DI MELONI (GIÀ AL G7) PER UN COMMISSARIO DI PESO
Estratto dell’articolo di Francesco Verderami per il “Corriere della Sera”
MARINE LE PEN E GIORGIA MELONI COME LE GEMELLE DI SHINING - MEME BY SIRIO
Ora che inizia la trattativa europea, Giorgia Meloni chiede al suo gruppo dirigente di usare la testa evitando i colpi di testa. Ed è chiaro che, quando sarà il momento, la premier darà indicazioni al suo gruppo a Strasburgo di votare a favore del presidente della Commissione.
Per vari motivi. Il primo è che non si è mai visto il capo di un governo che indica un commissario e poi non sostiene la commissione di cui il suo candidato fa parte. Cinque anni fa persino i polacchi del Pis, che avevano storie tese con i popolari, appoggiarono la popolare Ursula von der Leyen. E se la scelta di Meloni per l’Italia dovesse cadere su Giancarlo Giorgetti, «anche Matteo Salvini sarebbe costretto a votare a favore», dice un membro dell’esecutivo.
GIANCARLO GIORGETTI E GIORGIA MELONI - DEF - VIGNETTA DI ELLEKAPPA
Il secondo motivo è che la premier non intende rimanere fuori dalla stanza dei bottoni, visto che in quella stanza a Bruxelles potrebbe risolvere una serie di (gravi) problemi economici che la assillano a Roma: dall’applicazione del nuovo Patto di stabilità, ai tempi di attuazione del Pnrr.
L’attendismo mostrato ancora ieri sul reincarico a von der Leyen è piuttosto legato al braccio di ferro che si aprirà sugli incarichi. Meloni non solo si attende un «ministero» proporzionato al peso politico conquistato nelle urne, ma punta anche a una vice presidenza della Commissione, che l’Italia ottiene a legislature alterne. E il quinquennio che sta per iniziare è quello giusto.
Perciò di qui in avanti la leader di FdI non vuole assistere a «sparate», come l’idea del gruppo unico a destra. Già cinque anni fa scansò il progetto nel quale si sarebbe ritrovata in compagnia dei tedeschi di AfD. Fosse caduta in quella trappola, la sua sarebbe stata tutta un’altra storia.
giorgia meloni ursula von der leyen kiev
La regola imposta al suo gruppo dirigente in questa fase è «evitare i falli di reazione» verso socialisti e liberali, che […] «aspettano solo questo: vedere l’Italia che si autoesclude. E non dobbiamo farci del male da soli». La consegna del silenzio durerà fino alla fine del mese, quando si dovrebbe concludere la mediazione. Che di fatto inizierà già al G7, dato che Meloni passerà tre giorni insieme a Emmanuel Macron e Olaf Scholz.
Poi la discussione si sposterà ai vertici del Consiglio europeo. E mentre si svilupperà la trattativa, la premier dovrà costruire una narrativa per spiegare agli italiani che farà parte dell’intesa con i socialisti e i liberali ma che non stringerà un’intesa con i socialisti e i liberali. Nel senso che l’unico voto in cui si ritroveranno insieme a Strasburgo sarà quello a scrutinio segreto sul presidente della Commissione. Che è indicato dai governi nazionali.
raffaele fitto e giorgia meloni ad aosta
Sul resto, la premier deciderà come posizionarsi volta per volta sui singoli provvedimenti. Sapendo già che troverà nel Ppe di Manfred Weber una valida sponda.
Perché è vero che von der Leyen, per il suo reincarico, non potrà fare a meno dei suoi alleati tradizionali, cioè il Pse e Renew, ma «la porta aperta» a cui si è riferita ieri nel corso di una conferenza stampa è riservata a «Giorgia». E quando il leader della Cdu Friedrich Merz — che le sedeva accanto — ha detto che i Verdi non avranno alcun peso nel prossimo Parlamento europeo, è crollata la […] tesi secondo cui il Ppe avrebbe accettato di appoggiarsi al gruppo ambientalista per escludere Meloni.
giorgia meloni giancarlo giorgetti raffaele fitto
Immaginare che le forze uscite perdenti dalle elezioni (i socialisti e i liberali) possano imporre le scelte al partito uscito vincitore dalle urne (il Ppe), è una teoria terrapiattista. L’estremo tentativo di evitare nel prossimo futuro una sconfitta ancor più grave. Perché da quella «porta aperta» la leader italiana potrebbe addirittura far entrare anche Marine Le Pen, che se vincesse le elezioni guadagnerebbe un ruolo nelle scelte della Francia. Insomma la partita europea potrebbe segnare una svolta epocale o un clamoroso flop. Perciò Meloni teme il «fuoco amico».
3. LA PREMIER VOTA URSULA
Estratto dell’articolo di Ilario Lombardo per “La Stampa”
È la maggioranza di un giorno, ma per quel giorno Giorgia Meloni voterà non solo con i popolari, ma anche con i socialisti e i liberali. Che sia pronta a sostenere Ursula von der Leyen per il bis è stata per mesi un'ipotesi più che concreta, ma adesso - dopo aver fatto crescere le percentuali di Fratelli d'Italia - è quasi una certezza.
Ad ascoltare le parole e i ragionamenti dei fedelissimi della premier, ministri e capigruppo, che danno come un'ovvietà quello che fino a prima di domenica non si poteva dire, si percepisce chiaramente un che di liberatorio. Nessuna finzione, nessuna dissimulazione, nessun tatticismo per contenere l'assedio, a destra, di Marine Le Pen e di un ammaccato Matteo Salvini. Meloni ha vinto e ora può dire la verità: «Il candidato presidente della Commissione verrà indicato dal Consiglio europeo, quindi dai leader dei 27 Stati membri - ha spiegato ieri sera su Raiuno -. L'indicazione spetta al partito che ha avuto più voti, in questo caso è il Ppe. Quando quella proposta verrà formalizzata la valuteremo, perché nel negoziato ci sono diverse questioni che riguardano tutti i ruoli apicali, le deleghe dei commissari e quindi anche il commissario italiano. E io come sempre decido nell'interesse nazionale».
IL PACCO DI STABILITA - MEME SU GIORGIA MELONI BY DAGOSPIA
In questa fredda ricostruzione, […] Meloni fa intravedere il suo disegno. Che diverse fonti di FdI spiegano maggiormente nei dettagli.
I popolari - e non i socialisti - esprimeranno il presidente, e il capo di governo di un Paese come l'Italia non può sfilarsi e contrapporsi alla scelta della maggioranza, autoescludendosi dall'esecutivo europeo.
Il nome designato per la presidenza della Commissione viene portato in Parlamento per la ratifica. A quel punto si vota. Ma si vota una volta sola. In quel momento, quel giorno, Meloni dovrà fare quello che per mesi ha detto che non avrebbe fatto: entrare nella cosiddetta maggioranza Ursula, anche con i socialisti. Ma - come si diceva - è una sorta di maggioranza di scopo, che non esisterà più l'indomani.
Questo, spiegano nel partito, sarà lo scudo sotto il quale Meloni riparerà quando le critiche, attese e puntuali, arriveranno. Da destra, dall'estrema destra (da Salvini ), più che da sinistra. Certo è che se il Ppe confermerà di puntare tutto su Ursula, alleggerirà le fatiche di Meloni.
[…] L'epilogo è nei fatti: «Succederà quello che è successo cinque anni fa con il PiS, ma a parti inverse», sta ripetutamente spiegando la premier. Allora, i conservatori di Ecr, il gruppo presieduto da Meloni, si spaccarono: FdI si oppose a Von der Leyen, mentre i polacchi di Diritto e Giustizia la sostennero per lo stesso motivo che oggi spinge meloniani a farlo. Perché erano al governo di uno dei Paesi più grandi dell'Ue. Meno di un anno fa il PiS è finito all'opposizione a Varsavia, e questo oggi permetterebbe a Mateusz Morawiecki, ex premier e alleato di Meloni, di votare contro.
Come hanno fatto i polacchi, giura la premier con i suoi, «dal giorno dopo ci terremo le mani libere sui singoli provvedimenti in Parlamento», senza vincoli. […] Per misurare il proprio peso, però Meloni dovrà attendere le elezioni legislative in Francia di fine giugno: per capire quanto Macron potrà ancora contare nei giochi. È una strategia fatta di attese e «pragmatismo», parola che la premier ha chiesto ai suoi uomini di usare da qui in avanti.
Meloni deve trovare uno spazio, laddove i socialisti non vorrebbero lasciarglielo. Deve farlo per restare centrale, non avendo molte altre leve da usare nei negoziati europei. L'obiettivo è ottenere, in cambio, un commissario di fascia alta. Opporsi al presidente indicato dalla maggioranza farebbe sfumare questa possibilità. Palazzo Chigi punta a una poltrona economica.
Tra i candidati papabili , il ministro Raffaele Fitto, profondo conoscitore dell'Ue, è una delle prime opzioni, anche se ha un costo, perché la realizzazione del Pnrr è nelle sue mani. Mentre non è chiaro quanto Meloni si sia persuasa di mandare a Bruxelles Daniele Franco, l'ex ministro del governo Draghi, un'ipotesi sostenuta dal Quirinale e dal ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti. Una scelta di alto profilo, ma anche un tecnico, che suonerebbe in contrasto con la volontà di Meloni di «riaffermare il primato della politica».
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GIORGIA MELONI RAFFAELE FITTO E GIORGIA MELONI GIORGIA MELONI - VIGNETTA DI MANNELLI PER IL FATTO QUOTIDIANOGIORGIA MELONI - VIGNETTA DI ALTANgiancarlo giorgetti giorgia meloni