QUEL CHE È STATO È STATO – STAI A VEDERE CHE TORNA L’ITALSIDER! PATUANELLI È RIMASTO AGLI ANNI '60: “LA NAZIONALIZZAZIONE DELL’ILVA NON È UN RISCHIO. È STATO UN ERRORE PRIVATIZZARE IL SETTORE DELLA SIDERURGIA” - NON DITE AL MINISTRO DELLO SVILUPPO ECONOMICO CHE FRA RIACQUISTO DELLO STABILIMENTO, ADEGUAMENTO E AMMODERNAMENTO DEGLI IMPIANTI LO STATO DOVREBBE SBORSARE ALMENO 4 MILIARDI. POCO MENO DI QUANTO CI VOLLE PER COSTRUIRLO NEGLI ANNI DEL BOOM!
1 – L'ITALSIDER BIS COSTEREBBE QUATTRO MILIARDI
Alessandro Barbera per “la Stampa”
Vuoi vedere che si torna all' Italsider? Se il signore dell' acciaio non cambierà idea, per evitare il peggio all' Ilva non resterà molto altro da fare. A Palazzo Chigi e Tesoro fanno ancora gli scongiuri, ma sono costretti a prepararsi al peggio. Fra costo del riacquisto dello stabilimento, adeguamenti ambientali e ammodernamento degli impianti lo Stato sarebbe costretto a sborsare quattro miliardi e duecento milioni di euro. L' ironia della Storia vuole che sia poco meno della cifra spesa per costruirlo negli anni ruggenti del boom economico.
Ci vollero cinque anni: prima pietra il 9 luglio 1960, il nastro dell' ultimo altoforno fu tagliato il 10 aprile 1965 dal presidente della Repubblica Giuseppe Saragat. Costo: quattrocento miliardi di lire. Al cambio di oggi fanno quattro miliardi, duecentoventi milioni e spiccioli. E' più di quel che vale la voce cuneo fiscale nella Finanziaria per il 2020. Questo spiega perché il rendimento dei Btp decennali italiani sia salito all' 1,25 per cento, e lo spread coi Bund tedeschi sia ormai peggiore di quello dei bond greci.
Allora come oggi è il prezzo da pagare per evitare il peggio ad un' intera città e all' economia del Sud. Un miliardo e ottocento milioni servono a riscattare gli stabilimenti dalla gestione commissariale, quel che avrebbe pagato il signor Mittal per dieci anni di affitto. Quasi la metà di quei soldi - circa ottocento milioni - sono crediti dello Stato, di fatto una partita di giro.
C' è però da aggiungere l' enorme costo necessario a dare un futuro all' Ilva.
L' ultimo piano industriale prevede un miliardo e duecento milioni per l' ammodernamento degli impianti, altrettanto per gli interventi di bonifica e adeguamento ambientale. Il conto per il contribuente dovrebbe finire qui, peccato che la crisi dell' auto, i dazi e la concorrenza cinese sull' acciaio lasciano poche speranze di far tornare l' azienda rapidamente in utile. Secondo Morgan Stanley Ilva oggi accumula cinquecentoquaranta milioni di perdite l' anno. Non è difficile intuire perché alla Borsa di Amsterdam l' annuncio del disimpegno italiano ha fatto salire il titolo Mittal del sei per cento in tre giorni.
2 – PATUANELLI "NON È UN TABÙ NAZIONALIZZARE L'ILVA M5S NON A TUTTE LE REGIONALI"
Annalisa Cuzzocrea per “la Repubblica”
Stefano Patuanelli esce dalla sala di Palazzo Chigi in cui la maggioranza cerca una soluzione sul caso Ilva, mangia una mandorla e prova a riannodare i fili spezzati. Su Taranto, prima di tutto. Sul destino che attende 15mila persone tra operai e indotto. E sul Movimento 5 stelle, che secondo il ministro dello Sviluppo economico «dovrebbe riflettere. Nel 2020 forse è meglio non candidarsi in tutte le regioni. Bisogna valutare caso per caso e aprire una nuova fase costituente».
paola de micheli parla fitto fitto con stefano patuanelli
Qual è la sua posizione sullo scudo penale per l' Ilva?
«Il tema dello scudo non c' è più. Come governo abbiamo dato subito all' azienda la disponibilità a reinserirlo, per togliere ogni alibi. Ma ArcelorMittal ha detto che anche se risolvessimo, oltre a quella, le altre questioni collaterali, la banchina e l' altoforno 2, la produzione sarebbe comunque di 4 milioni di tonnellate annue. Con 5mila esuberi. È inaccettabile».
LUIGI DI MAIO STEFANO PATUANELLI
Come se ne esce?
«Bisogna dimostrare che il sistema Paese è compatto nel richiamare l' azienda al rispetto di accordi che non sono solo frutto di un' acquisizione, ma di un bando che prevedeva un preciso piano industriale e ambientale. Oggi prendiamo atto che l' impresa ha detto di essere inadempiente rispetto al suo stesso piano, che prevedeva sei milioni di tonnellate annue».
L' azienda ha accusato i commissari di false comunicazioni e ha parlato di dolo rispetto alle questioni di sicurezza dell' altoforno due, di cui la magistratura ha disposto il sequestro.
«Le affermazioni di Mittal sono contenute in un atto di citazione in giudizio. Sono certo che risponderanno i commissari».
Questa situazione è colpa delle divisioni interne dei 5 stelle?
«Assolutamente no. Mittal ha depositato l' atto di citazione alle 4 del mattino di lunedì, sottoscritto da 7 avvocati. Sono 37 pagine con 37 allegati. È evidente che erano pronti da moltissimo tempo».
Avete dato loro la scusa perfetta.
«Sarebbe successo lo stesso».
Si rischia una nazionalizzazione?
«Non vedo perché parlare di rischio. Credo sia stato storicamente un errore privatizzare il settore della siderurgia, che era un fiore all' occhiello e di cui oggi rimane un unico stabilimento».
Ce lo possiamo permettere?
«In questo momento la priorità del governo è far sì che ArcelorMittal rispetti gli impegni presi. Questo è il piano A, il piano B e il piano C e per questo ho richiamato il Parlamento, le forze sociali e tutte le componenti istituzionali del Paese a un senso di responsabilità che deve far percepire all' imprenditore la presenza massiccia del sistema Italia».
luigi di maio in imbarazzo davanti ad alessandro marescotti a taranto 2
Ammetterà che nel Movimento regna l' anarchia. La decisione di togliere lo scudo è stata imposta dai gruppi parlamentari contro i vertici.
«Da sempre sento parlare di anarchia, dissidenti, linea politica che non si capisce dove si forma. La realtà è che il Movimento ha sempre parlato a tante voci e a tanti mondi e questo costituisce un problema nel momento in cui è al governo. Bisogna ripensare ad alcuni elementi fondanti».
Quali?
«Bisogna ridefinire il perimetro entro cui si muove l' azione politica del M5S al governo. Dobbiamo farlo con tutti i portavoce e gli attivisti».
JOKER INFILTRATO NELLA FOTO DI NARNI
Con un congresso?
«La parola congresso non mi piace: trovo più adeguati i termini stati generali e nuova fase costituente».
Cominciare dall' Umbria dopo che il Pd aveva dovuto far dimettere la propria governatrice, per sperimentare alleanze alle regionali non è stata una grande idea.
«Ragionare col senno del poi è facile. Non erano le condizioni migliori per un rapporto politico appena iniziato, in una regione che aveva vissuto una stagione difficile col Pd al governo, ma era forse la regione in cui coinvolgere la società civile aveva più senso».
Non ha funzionato. In Emilia Romagna, Calabria, Campania che si fa?
I MEME SULLE REGIONALI IN UMBRIA - SPERANZA - ZINGARETTI - BIANCONI - DI MAIO - CONTE
«Premesso che va deciso a livello locale e che serve un coinvolgimento diretto degli attivisti delle regioni, voglio fare un ragionamento più ampio. Da quando abbiamo vinto le elezioni politiche nel 2018, con un impatto elettorale incredibile, si è alzata molto l' asticella delle aspettative in tutte le tornate elettorali. Ma a livello locale abbiamo sempre fatto fatica. Nel 2018, a poco più di un mese dalle politiche, in Friuli abbiamo preso il 7,1%».
Quindi?
«Nel 2020 ci sono otto regioni al voto: credo che il Movimento, che ha bisogno di un momento di profonda riflessione, anche valoriale, deve fare uno sforzo di costruzione di un' identità come forza di governo. Non può permettersi una campagna elettorale permanente per tutto il 2020 e contemporaneamente governare il Paese».
Sarebbe meglio non si candidasse?
«Credo vada fatta una riflessione che possa anche portare, in alcuni casi, a questa decisione».
luciana lamorgese paola de micheli giuseppe conte luigi di maio
Fermarsi per fare cosa? Essere ago della bilancia al prossimo giro. come dice Luigi Di Maio, e magari tornare un giorno con la Lega?
«Indietro non si torna, ma il problema non è allearsi con gli uni o con gli altri. Conta mantenere la centralità del Movimento nel panorama non solo politico del Paese. Conta non lasciare agli altri la grammatica culturale e sociale. Conta saper rispondere alle necessità dei cittadini».