“L’ANNUNCIO DI RUFFINI NON È PIACIUTO A NESSUNO, È SBAGLIATO NEI TEMPI E NEI CONTENUTI” – COME DAGO DIXIT, L’AUTOCANDIDATURA DELL’EX CAPO DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE A FEDERATORE DEL RASSEMBLEMENT CENTRISTA HA IRRITATO CALENDA E I CATTOLICI DEL PD (E ANCHE PRODI DUBITA DEL SUO APPEAL MEDIATICO) – IL RENZIANO ENRICO BORGHI LO TUMULA: “LA POLITICA NON È X FACTOR” - RUFFINI SI E’ AUTOBRUCIATO MA UNA “COSA" DI CENTRO DOVRÀ NASCERE A FIANCO DEL PD. IL VATICANO E L'AZIONISMO CATTOLICO NON SI RICONOSCONO NEI VALORI ARCOBALENO DELLA MULTIGENDER ELLY SCHLEIN: DAGOREPORT
Giovanna Vitale per la Repubblica - Estratti
Rischia di trasformarsi in un boomerang l’annuncio che tutti nel centrosinistra in qualche modo aspettavano, ma tanti alla fine hanno giudicato intempestivo e soprattutto maldestro.
A suscitare malumore è stata la notizia data con un’intervista al Corriere da Ernesto Maria Ruffini — da settimane indicato come il federatore in pectore di una nuova formazione centrista da innestare nell’alveo progressista — di aver rassegnato le dimissioni dall’Agenzia delle entrate in polemica con il governo, rivendicando il diritto di esprimere le sue opinioni, anche politiche.
Sortita che ha irritato non solo i leader dell’area liberal-riformista, Carlo Calenda in testa, ma pure quanti, esponenti al massimo livello del cattolicesimo democratico, lo avevano incoraggiato a gettare il cuore oltre l’ostacolo. A provare a costruire, dopo il fallimento del Terzo polo, la quarta gamba del centrosinistra (a destra del Pd) in grado di riequilibrare una coalizione che la guida “radicale” di Elly Schlein e il possibile accordo con Avs e 5Stelle sbilancerebbe sull’estrema.
L’annuncio «non è piaciuto a nessuno», sbuffa un autorevole parlamentare che lavora all’operazione, «è sbagliato nei tempi e nei contenuti».
Stanco di stare sulla graticola, bersagliato dalla maggioranza che da giorni gli chiedeva un passo indietro, Ruffini non ha retto la tensione e ha deciso di accelerare sulla tabella di marcia pensata per avvicinarsi a passo lento alla sua pubblica discesa in campo, considerata strategica per vincere le politiche nel 2027. Oltretutto senza informare i suoi danti causa.
Che non l’avrebbero presa benissimo.
In particolare Romano Prodi, lo spingitore per eccellenza del “capo degli esattori di Stato”, figlio di un ex ministro dc, già iscritto al Pd renziano (circolo dei Parioli) e da oltre un anno in tour in mezza Italia per presentare la sua ultima fatica letteraria sulla Costituzione, con prefazione di Sergio Mattarella. Un riferimento per il nuovo campione dei moderati di sinistra, insieme ad ambienti vaticani — uno zio omonimo è stato pure cardinale — e ampi spezzoni di mondo cattolico impegnati in politica e nel sociale.
La novità è che, a prescindere da chi la guiderà, l’idea di una gamba centrista per rafforzare l’alleanza sarebbe stata avallata dalla segretaria del Pd. Convinta sia da Dario Franceschini, da sempre fautore del tentativo di intercettare voti altrimenti indirizzati a Forza Italia o all’astensione, sia da quanto accaduto in Liguria.
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Il problema del direttore delle Entrate è che, per un mix di fretta e inesperienza, rischia di essersi auto bruciato.
(...) «Un conto è contrastare chi non vuole pagare le tasse, un altro vessare, intimidire e minacciare i contribuenti», attacca la Lega, alludendo alla famosa lettera sul concordato spedita a milioni di contribuenti. Caustico il ministro meloniano Luca Ciriani: «Se ha scelto di fare politica è giusto che lasci».
Con l’azzurro Gasparri che invita «a non attribuirsi meriti che non ha».
A fare scudo s’incarica il Pd. A riprova che la gamba centrista non si ferma. Augura «buon vento» a Ruffini, il deputato Enzo Amendola. Per il responsabile economico Antonio Misiani «dovrebbero riflettere gli sciagurati che usano la propaganda rozza per lisciare il pelo agli evasori ». Certo, dice Michele Emiliano, «la ricerca del leader del centro è un’operazione sbagliata». I più agitati sono però i centristi: «La politica non è X Factor», il monito del renziano Enrico Borghi.
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