MILANO COL PENNELLO IN MANO – 20MILA MILANESI SCENDONO PER LE STRADE E PULISCONO I MURI DOPO LA DEVASTAZIONE DEI BLACK BLOC – E IN MOLTI CHIEDONO A PISAPIA DI RICANDIDARSI SINDACO
Paolo Colonnello per “la Stampa”
Il «miracolo a Milano» si compie nelle spazzole e nelle spugne di centinaia di giovani che percorrono all’inverso il corteo dei black bloc di venerdì ripulendo muri, portoni e vetrine dalle scritte ingiuriose e gli slogan vuoti dei mille teppisti che venerdì hanno cercato di assaltare questo spicchio di città tra piazza Cadorna e il Ticinese.
Li si vede al lavoro mentre sfila la manifestazione convocata ieri pomeriggio in meno di 24 ore dai social network e dalle mail del Comune, raggiungendo alla fine un numero inimmaginabile di persone: oltre 20 mila, senza bandiere o slogan ma solo applausi per chi ripulisce i muri.
È Milano che omaggia se stessa. Un corteo di ogni ceto e età e assolutamente trasversale (c’è mezza giunta ma anche esponenti del centrodestra, come il presidente del Consiglio regionale Raffaele Cattaneo) guidato in prima persona dal sindaco Giuliano Pisapia, che, in maglioncino e circondato da un affetto incredibile, incede lento tra il più classico dei colori milanesi: il grigio plumbeo di un cielo già un po’ afoso.
Lo sfondo ideale per cantare tutti insieme «O mia bela Madunina» quando la folla gira in corso di Porta Ticinese, oppure commuoversi quando il poeta delle «Luci a San Siro», Roberto Vecchioni, benedice da un palco improvvisato alla Darsena la folla meneghina: «Non c’è città al mondo che provi un amore così grande per se stessa, a volte anche un po’ in segreto, come Milano. Ripercorrendo al contrario il percorso, è stato come un resettaggio, come se avessimo sistemato la città dalle porcherie e dalle schifezze incivili che quei delinquenti hanno fatto. Abbiamo simbolicamente rimesso a posto la città». Anche più che simbolicamente, visto che in tantissimi si impegnano fino a sera per cancellare dai muri i segni della devastazione antagonista.
È vero, non è tutto pace e amore e «coeur in man»: c’è anche chi contesta, come la famiglia al secondo piano di una casa in via Carducci, proprio sopra le prime auto bruciate, che agli applausi rivolti al sindaco risponde urlando: «Sei arrivato troppo tardi, dov’eri l’altro ieri?». Se la sono vista brutta e sono ancora furiosi. Ci sono molti anziani che scuotono la testa quando Pisapia prende il megafono al ritrovo di piazzale Cadorna per incitare la città a riprendersi. E non tutti nel centrodestra approvano: Mariastella Gelmini accusa di ipocrisia il sindaco di Milano per aver dato «agibilità politica» agli antagonisti.
Ma alla fine, tra chi c’è, e non sono pochi, prevale quella «milanesità» solidale con le sue istituzioni che poi è un segnale politico di una città stufa di confronti violenti e di assaltatori e orgogliosa delle sue trasformazioni, dell’internazionalità e di un evento mondiale come Expo. Così l’appuntamento in piazza si trasforma in una vittoria dello stesso sindaco che non solo è stato tra i primissimi a condannare le violenze dell’altro giorno ma ha voluto fortissimamente questo corteo. «Milano - dice Pisapia - nessuno la deve toccare perché Milano si ribella. La città oggi, ieri e l’altro giorno è e sarà al centro del mondo e noi ne siamo orgogliosi. Stamattina il presidente della Repubblica Sergio Mattarella mi ha telefonato per dire a me, a voi cittadini, che è entusiasta della risposta che Milano ha dato, che dobbiamo essere orgogliosi e dare l’esempio a tutto il Paese».
In piazza ci sono anche Nando dalla Chiesa, il parlamentare Emanuele Fiano, il sottosegretario Ilaria Borletti Buitoni. Un ringraziamento Pisapia lo riserva «alle forze dell’ordine che in maniera intelligente hanno gestito la situazione e hanno avuto la capacità di reagire con civiltà e in maniera costruttiva e che ha subito danni per colpa di pochi delinquenti» ma ha saputo rispondere con compostezza.
Il corteo, partito con non più di 5 mila persone da piazza Cadorna, il cuore della zona degli incidenti, si è gonfiato lungo la strada, a ogni incrocio, a ogni semaforo, a ogni bar: c’era chi fotografava le vetrine distrutte, chi chiedeva il «kit» per le pulizie, chi riceveva detersivi dalle finestre, chi si congratulava per la presenza. Famiglie intere, cani al guinzaglio, biciclette, milanesi di colore da via Padova, milanesi cinesi da via Paolo Sarpi, migliaia di ragazzi e studenti, probabilmente anche qualcuno che al corteo del Primo maggio ha partecipato e adesso è pentito.
Ci sono gli ex giovani degli Anni 70 che rimpiangono i servizi d’ordine di un tempo; i leghisti che sventolano una bandiera del Carroccio; i filo monarchici con la bandiera italiana, quelli che cantano l’Inno nazionale, quelli che preferiscono «Bella ciao» e tutti che applaudono i ragazzi che puliscono: il fricchettone come il giovane con capello corto e maglietta mimetica. Ovazioni per gli uomini dell’Amsa al lavoro. In realtà è il corteo del ceto medio e della borghesia classica milanese che rivendica i suoi spazi e acclama infine ancora una volta Giuliano Pisapia come sindaco. Alla Darsena rinnovata, dove la manifestazione si chiude, ci pensa l’attore Claudio Bisio, che sfila tra battute e saluti, a sintetizzare il pensiero di molti: «Giuliano, non vorrei romperti le scatole e i tuoi progetti di vita, ma... ripensaci!». E sono applausi, lunghissimi.