SÉGOLÈNE OVVERO LA FINE DELLA POLITICA FIGHETTA VELTRONICO-GIOVANMELANDRESCA - ALLE PRIMARIE FRANCESI NESSUN VINCITORE MA UNA SCONFITTA, QUELLA DEFINITIVA PER LA ROYAL - NEL 2007 CONQUISTÒ 17 MLN DI VOTI E IL 47% DEI FRANCESI, STAVOLTA MANCO IL 7% DEI SIMPATIZZANTI SOCIALISTI - MENTRE IL SUO EX HOLLANDE SI AVVICINA ALL’ELISEO, LA DIVA DEL BLABLA VIENE RICACCIATA NELL’OMBRA PERFINO DAL SUO EX PORTAVOCE MONTEBOURG…

1 - LA FINE DI SÉGOLÈNE, IN LACRIME PER LA SCONFITTA
Giampiero Martinotti per "la Repubblica"

Nella notte non ha retto più, le lacrime sono state più forti di lei. Si è lasciata andare per qualche attimo e quel pianto l'ha resa fragile e umana come una persona qualunque. Uno sfogo naturale: Ségolène Royal ha patito domenica la più pesante umiliazione della sua carriera politica. Candidata nel 2007, aveva rappresentato con onore gli ideali della sinistra di fronte a Nicolas Sarkozy. Certo, era stata sconfitta, ma al ballottaggio aveva ottenuto quasi 17 milioni di voti, poco meno del 47 per cento.

Domenica, però, i simpatizzanti della "gauche" le hanno inflitto una sconfessione dalle proporzioni inattese: meno del 7 per cento dei voti, poche migliaia di voti in più del penultimo alle primarie socialiste. L'opinione pubblica, che l'aveva portata alle stelle cinque anni fa, l'ha gettata nella polvere, senza pietà.

È stata una serata terribile per Ségolène, come la chiamano tutti, amici ed avversari. In un primo tempo ha tenuto il colpo: davanti alle telecamere per l'inevitabile dichiarazione del dopo voto è apparsa prostrata, ma ha saputo ricacciare in gola le lacrime. All'uscita dal suo quartier generale, poco prima dell'una del mattino, non è invece riuscita a trattenerle. Di fronte ai suoi sostenitori e a qualche giornalista, ha tentato di smozzicare qualche parola: «Ci sono molte cose date, molta delusione. Per tutti quelli che mi hanno sostenuto è molto dura».

Anche per lei è dura: il pianto le impedisce di continuare. Sono pochi secondi, poi se ne va aggiungendo: «Ma sono forte». C'è tutta Ségolène Royal in quei pochi secondi: lo smarrimento, la sofferenza e al tempo stesso la voglia di reagire, di combattere, di restare in piedi. Pensava di farcela o perlomeno di far buona figura, credeva che i sondaggi si sbagliassero nel darla lontana dai due favoriti, il padre dei suoi quattro figli, François Hollande, e la rivale politica più detestata, Martine Aubry. Ma l'errore era a suo sfavore: Arnaud Montebourg è terzo con il 17 per cento, lei ha meno del 7. Un'umiliazione difficile da mandar giù.

Eppure, la candidata del 2007 aveva fatto di tutto per tornare ai vertici. Si era lanciata nella campagna un anno fa, correndo ai quattro angoli del paese per tentare di ritrovare il favore popolare. E lo aveva fatto sacrificando anche la sua vita personale: «Non ho alcun compagno ufficiale. Vivo sola con le due mie figlie. Voglio che i francesi sappiano che mi occuperò di loro a tempo pieno».

Non è servito a niente, come non è servito a niente lavorare sodo, eliminare le gaffe e le improvvisazioni che avevano costellato la sua campagna elettorale nel 2006-2007, mostrarsi più solida nelle proprie argomentazioni. L'opinione pubblica le ha voltato le spalle. Cinque anni fa c'era un altro clima, Ségolène Royal era come venuta fuori dal nulla, rappresentava una ventata d'aria fresca.

Non importavano le gaffe, né le incertezze: la sua bellezza, la sua determinazione, la sua baldanza che noi italiani diremmo garibaldina sembravano farne l'incarnazione ideale della sinistra e della sua voglia di riconquistare il potere. Oggi, la leader socialista si vede ridotta al rango di ex speranza, rimandata nel suo Poitou - Charentes, la regione di cui è presidente dal 2004. Quando la conquistò venne soprannominata la Zapatera, in omaggio al leader spagnolo e per caso Royal e Zapatero abbandonano insieme le rispettive ribalte nazionali.

Unica consolazione: la Royal è corteggiata dai due finalisti e oggi dirà se si schiera con l'uno o l'altra. Ma il vero "jolly" dell'elezione è il paladino della demondializzazione, Arnaud Montebourg: con il suo 17 per cento ha un ruolo di primo piano. E per ora ha deciso di non scoprire le sue carte, di non dire chi sceglierà tra Hollande e Aubry.


2 - LA SAGA DI SÉGOLÈNE INSEGNA QUALCOSA A TUTTE LE DONNE...
Maria Laura Rodota' per il "Corriere della Sera"

Esce di scena Ségolène, e sembra una nota a pie' di pagina di queste primarie (S. Royal, ex compagna di Francois Hollande, candidata all'Eliseo nel 2007, arrivò quarta ottenendo solo il 7 per cento dei voti; pianse in diretta mentre concedeva la sconfitta). Ma non lo è, anche per il pubblico non francese. Non per gli italiani, che si erano abituati al suo personaggio; volutamente politico-disneyano, con quel che di veltronian-giovannamelandresco che ce la rendeva familiare.

Non per gli europei occidentali, la sua sconfitta pare un segnale di fine appeal: del crollo di consensi per i politici di centrosinistra fighetti, attenti all'immagine e con qualche convinzione pret-à-porter, da adattare al momento e ai media. Anche Hollande ci sta attento, ma si propone come uomo normale, tutt'altro che ganzo. Aubry, la donna rimasta in corsa, è un'anti Ségolène anche in questo; sta attenta a non starci attenta. E nessuno osa chiamarla «Martine», e lei parla di programmi e non di sé.

La saga di Ségo era tutta un'altra storia. Facile da liquidare, dopo il risultato di domenica. Ma utile da ricordare. Perché Royal, all'Eliseo, era andata vicina, con 17 milioni di voti. E perché durante il reality della sua campagna elettorale ha dovuto combattere contro i molti maschilismi che ostacolano le donne nella vita pubblica e sul lavoro. Anzitutto, le obiezioni su chi ha famiglia: «Chi si occuperà dei suoi quattro figli?», aveva chiesto l'avversario Laurent Fabius nei giorni delle primarie socialiste, nel 2006; non la passò liscia (nonostante le esagerate interviste di Ségo sui sensi di colpa).

Poi, la tendenza a trattare le femmine come pesi leggeri, a dispetto delle loro competenze: «Se un uomo fosse stato consigliere per sette anni del presidente Mitterrand, se fosse stato quattro volte deputato e tre volte ministro, se avesse battuto il primo ministro alle elezioni regionali come ho fatto io, qualcuno metterebbe in dubbio le sue qualifiche e la sua aspirazione a governare? No», argomentò Royal. No, in effetti.

E ancora, la convenzione secondo la quale gli uomini sono aggressivi e le donne solo isteriche: «Sì, sono arrabbiata, ma la mia è una collera sana», replicò Royal a Nicolas Sarkozy durante un dibattito televisivo. Che le andò male. Forse anche per questo, in seguito, come segretario del partito socialista e come candidata, le hanno preferito la meno narcisista e più solida Aubry.

Alla quale ultimamente era più vicina, in questa campagna per le primarie si era spostata a sinistra, si dichiarava contraria al cumulo dei mandati e favorevole all'uscita dal nucleare. Però stavolta il partito, militanti ed eletti, si è diviso tra Aubry e Hollande. Molti voti di giovani e d'opinione sono andati al suo ex portavoce Arnaud Montebourg. E Royal ha corso da sola, puntando sulla passata popolarità, ma i francesi di sinistra non erano in vena di votare per un'ex diva.

Però diva è stata, per anni, forte di una storia personale molto raccontata ma interessante. Quarta degli otto figli di un colonnello reazionario, cattolicissimo e sadico, bravissima a scuola, a 19 anni fece causa al padre. Ammessa all'Ecole National de l'Administration (Ena), lì si fidanzò con Hollande, e iniziò la sua carriera genere «Come fa a fare tutto?» (come da omonimo film): un successo politico dietro l'altro, un figlio dietro l'altro, una serena bellezza tipo statue di Marianna nei municipi francesi, conservata fino a 58 anni.

Ora è un presidente di una regione, il Poitou-Charentes, con belle campagne, castelli e città d'arte, una zona ideale per vivere con calma e metabolizzare gli ultimi decenni intensi (ci sono crepuscoli politici peggiori, a pensarci).

 

SEGOLENE ROYAL AL VOTOfrancois hollandeMARTINE AUBRY AL VOTODOMINIQUE STRAUSS KAHNREGIONE Poitou-CharentesArnaud Montebourg - Segolene RoyalARNAUD MONTEBOURG

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