CON TRUMP ALLA CASA BIANCA COSA FARA’ LA DUCETTA CAMALEONTE? CON IL PASSAGGIO DI CONSEGNE TRA BIDEN E IL TYCOON, LA MELONI CHE FINO A OGGI E’ STATA PRO BIDEN E FILO ZELENSKY DEVE RITROVARE UN RUOLO: COME SI MUOVERA’, AD ESEMPIO, SULL’UCRAINA? DAVANTI ALLE MOSSE ISOLAZIONISTICHE DEL TRUMPONE (DAZI SULL'EXPORT ITALIANO), CON UN ALLEATO DI GOVERNO TRUMPISSIMO COME SALVINI, COME AGIRA’? LA SORA GIORGIA STARÀ CON L’EUROPA DI URSULA O CON L’AMERICA DI "THE DONALD"? GLI AMMICCAMENTI CON ELON MUSK E LE MOSSE SULL’ALBANIA – DAGOREPORT
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Alessandro De Angelis per la Stampa - Estratti
Va bene, c'è Matteo Salvini che, dopo l'assoluzione, si è ringalluzzito: prima i desideri (il Viminale), poi, in omaggio agli antichi amori, i segnali frenanti sulle armi a Kiev. E ci sono anche le varie sfumature sull'Ucraina, sia pur all'interno di una tenuta nel sostegno, che è stato fin qui l'architrave della politica estera del governo. Si avverte, in alcune dichiarazioni dei ministri Guido Crosetto e Antonio Tajani, il cambiamento di clima che si respira in Europa. Per la serie: ciò che è necessario va fatto, ma prima o poi le ferite vanno rimarginate, ammesso che Putin torni a ragionare.
Non ci vuole una Cassandra per prevedere che, alla fine, Salvini voterà anche il decimo pacchetto di aiuti, secondo un copione che si ripete. La sensazione, però, è che il tema sia più grande di quel che racconta il Palazzo.
giorgia meloni e donald trump meme by edoardo baraldi
Lo svolgimento ce lo dà proprio l'agenda: visita di Joe Biden a Roma tra il 9 e il 12 gennaio, nell'ambito della quale incontrerà anche Giorgia Meloni lodandola per come ha gestito il G7; voto sugli aiuti a Kiev; insediamento di Trump alla Casa Bianca. Ecco, quel momento parlamentare segna in maniera icastica il passaggio da un "prima" a un "dopo". Che ha a che fare con quale ruolo la premier vuole agire nel mondo di Trump, di cui l'Ucraina è un rilevante tassello, anche se non l'unico. Salvini, a modo suo, si è messo avanti col lavoro ma, del mosaico, è un tassello marginale.
Finora – è la storia di questi anni – Giorgia Meloni ha agito un ruolo da "populista gentile", apprezzata, con tanto di bacio sulla fronte, dal mondo dei non populisti – Biden, appunto e l'establishment europeo – in termini di fedeltà atlantica.
Operazione di leadership politica non banale in termini di affrancamento rispetto all'impostazione pregressa e di tenuta, nel suo partito e nella coalizione. Ha negato il Viminale a Salvini, non solo per il processo ma proprio per la questione russa. Ha arginato, puntando sull'asse con Tajani, le pulsioni di allora del Cavaliere, popolari ancora oggi nel suo partito ma anche nel mondo dell'impresa italiana perché le materie prime costano.
DONALD TRUMP - ELON MUSK - GIORGIA MELONI
Ha gestito la conversione dei suoi sulla via di Kiev (il suo capogruppo al Senato era tra gli osservatori, banditi da Kiev, che riconobbero Crimea e Donbass). C'è anche questo elemento, perché dentro Fdi non tutti sono come il sottosegretario alla presidenza Fazzolari, tra i più schierati sul sostegno a Kiev: le antiche incrostazioni pesano eccome.
Ora la populista gentile si ritrova nel mondo di un populista assai poco garbato. E tutto ciò che ha costruito finora da valore può diventare un disvalore, se letto con la lente della radicalità. Bel problema: deve capire come stare in questo mondo. Siamo esattamente in questo punto della storia.
Vanno di gran moda, nel suo entourage, la parola "pontiere" o la parola "mediatrice". Vengono ripetute in continuazione. E tutti, nel governo, ma anche nella classe dirigente economica preoccupata dai dazi, le consigliano di lavorare per diventare, in Europa e a nome dell'Europa, la principale interlocutrice di Trump.
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DONALD TRUMP E GIORGIA MELONI A PARIGI PER L INAUGURAZIONE DI NOTRE DAME
Stavolta, da questo lato del ponte, l'Europa è terremotata nel suo asse franco-tedesco. Questa potrebbe anche essere un'occasione per Giorgia Meloni, se la volesse giocare prendendo in mano la bandiera dell'integrazione europea. Però non pare sia questa la scelta che avrebbe dentro una svolta (europeista) e in fondo una sfida (a Trump), che non riconosce l'Europa in quanto tale ma i singoli Paesi. Quel che si registra, al momento, è piuttosto uno slittamento verso una radicalità di destra, sulla base dell'idea che una certa affinità ideologica, anche se non proprio una inversione a U, aiuti proprio nella costruzione del ponte. E infatti ad Atreju non c'era un socialista convertito come Eddy Rama ma Javier Milei, e poi gli ammiccamenti costanti con Elon Musk e poi l'enfasi sul dossier migranti con toni d'antan.
joe biden giorgia meloni g7 borgo egnazia, puglia
Il rischio è che, su questo terreno, si trovi sempre qualcuno più pontiere. Come Orban, che per Trump è perfetto. Finora la premier italiana, proprio in virtù del suo ruolo nel mondo di prima, è riuscita a farlo ragionare sull'Ucraina. Adesso, nel mondo di Trump, il leader ungherese diventa un leader un bel po'sfidante. C'è poi chi suggerisce un'altra via che non è l'affinità ideologica con Trump, ma quella di giocare dove il ponte è meno accidentato: nel Mediterraneo, come cerniera tra Europa, Stati Uniti e Sud del mondo, lì dove l'Italia può contare qualcosa.
È il suggerimento dell'ex ministro Marco Minniti coinvolto nella cabina di regia del piano Mattei. Al momento però, più dell'Africa piace l'Albania. Che funzioni o no, consente il racconto. Anch'esso serve per costruire il famoso ponte.
joe biden giorgia meloni g7 borgo egnazia DONALD TRUMP ELON MUSK E GIORGIA MELONI A PARIGI PER L INAUGURAZIONE DI NOTRE DAME