“PER IL PROGRESSISTA LA COPPIA GAY RESTA GAY E IL BAMBINO RESTA ETERO, NON È CONTAGIOSO” – NEL SUO NUOVO SPETTACOLO, “AMORE + IVA”, CHECCO ZALONE SPERNACCHIA I PARADOSSI DELLA SOCIETÀ "FLUIDA" E METTE IN SCENA UN PUTIN COMPLESSATO PERCHÉ MINIDOTATO: “QUANDO HO SCOPERTO CHE IN UCRAINA C’ERA UN CHIRURGO CHE FA L’ALLUNGAMENTO DEL PENE HO DETTO A UN GENERALE: ‘BISOGNA FARE UN’OPERAZIONE SPECIALE’…” – E REGALA CANZONI COME ‘DEL CULU PIATTO’ CHE PARLA DI UNA RAGAZZA NERA SENZA CULO: “IN UN SOLO BRANO SONO RIUSCITO A FARE BLACKFACE, CATCALLING E BODY SHAMING” – VIDEO

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Renato Franco per “Oggi”

 

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«Quando si tradisce il maschio è passionale, la donna è zoccola». Potrebbe essere questo il manifesto della comicità di Checco Zalone, quindi se vi inorridisce non leggete questo pezzo ed evitate il suo nuovo spettacolo... Ma la sua forza è proprio qui, nella satira politicamente scorretta, nell’ironia che ti fa vergognare di ridere: doppi sensi e volgarità, maschilismo e razzismo sono le leve per mettere in scena i suoi paradossi perché Checco Zalone mostra le contraddizioni della società contemporanea, abbatte i luoghi comuni cavalcandoli, si traveste da alfiere del conservatorismo ma è il cavallo di Troia per mettere a nudo il perbenismo di facciata in cui siamo immersi.

 

COPERTINA OGGI - 24 NOVEMBRE - 1 DICEMBRE 2022 COPERTINA OGGI - 24 NOVEMBRE - 1 DICEMBRE 2022

Prodotto da Arcobaleno Tre e MZL, il suo Amore + Iva sarà in tour per un anno (100 mila biglietti già venduti solo su TicketOne, sold out le date di Bologna, Torino, Milano, Roma e Napoli); l’impianto è quello consolidato: un intreccio di personaggi e canzoni che si inseriscono in un quadro di lezioni d’amore (a cui rimanda il titolo dello show) divise per capitoli come se fosse un professore che spiega davanti alla lavagna.

 

Il numero più volgare, e dunque migliore, è quando si mette il frac del maestro Muti («detesto i superlativi, chiamatemi genio: va benissimo»), direttore d’orchestra che si trova un po’ spaesato in un’atmosfera teatrale così pop, lui che è abituato a vedere donne in cincillà e visone. E la forza del personaggio è proprio in questo scontro tra alto e basso, tra musica classica e epopea trash. Così la favola di Pierino e il lupo diventa Pierino e la supplente di Alvaro Vitali, i notturni di Chopin vengono declinati per mano destra, oppure sinistra, «ma ora vi parlerò di Segovia...». C’è un accenno d’opera e il maestro è contrariato: «Che cazzo dicono queste invasate sul palco? Orietta Berti si capisce, Iva Zanicchi si capisce, Madame si capisce… All’opera non si capisce mai niente. Vabbè mi pagano un botto, dite quel cazzo che vi pare».

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Altro pezzo forte è il Vasco Rossi salutista, «ex drugs and rock ‘n’ roll». In vestaglia, quasi dimesso, ora lui ha altri valori, tipo quello dell’emoglobina a cui badare, perché ormai è ossessionato dalle analisi del sangue («ti ricordi che belle canzoni scrivevi quando ti drogavi?»). Quindi immaginate la soddisfazione quando trova nel deep web le analisi di Ligabue e scopre che sono peggio delle sue. Ora basta, si cura con le erbe, altro che marijuana, lui è tipo da passiflora. Imperdibili anche le sue lezioni d’amore come quando il prof. Zalone immagina

 

L’adozione di una famiglia arcobaleno in un orfanotrofio di Predappio: «Per il progressista la coppia gay resta gay e il bambino resta etero, non è contagioso», ma il piccolo Italo («sono un bambino, sono cristiano, voglio una famiglia tradizionale!») chiede una famiglia «a posto, quella in cui il marito lavora e la sera va a zoccole, mentre la moglie sta a casa». Le scarta tutte e solo alla fine si convince a incontrare una coppia arcobaleno in crisi, perché a uno piace vivere nella villa di Los Angeles e l’altro preferisce Saint-Moritz; uno sceglie l’aereo, l’altro lo yacht. «Vero Dolce?», «Sì Gabbana». Quando gli promettono l’ultimo modello di smartphone il bambino non ha più dubbi. Meglio ricco e arcobaleno che povero e tradizionale.

 

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Cambia il contesto ma il finale fa sempre riflettere nello sketch in cui c’è la signora bene borghese che vuole adottare una donna ucraina, peccato che siano andate a ruba e sono rimaste solo le siriane «che però si intonano male con il parquet scuro». Finalmente ne salta fuori una che fa al caso suo: «Ma non si può chiamare Maria, a Bari fa poco profugo» finché non viene il momento di sbarazzarsene, «perché non vedo più l’orrore della guerra nei tuoi occhi». Insomma anche la solidarietà ha una data di scadenza.

 

Feroce anche il Putin che spiega a modo suo il motivo della guerra in Ucraina, le dimensioni (ridotte) del pene: «Da qui nasce la mia grande amicizia con il popolo cinese. Non avete idea la vergogna a calcetto, mai urinato in Autogrill. Quando ho scoperto che in Ucraina c’era un chirurgo che fa l’allungamento del pene ho detto a un mio generale: “Bisogna fare un’operazione speciale”. Mi sa che non ha capito».

 

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Accompagnato da quattro musicisti e due performer (bravissime, Alice Grasso e Felicity), lo spettacolo è anche intessuto di canzoni. Il tempo delle mele non può che essere «il tempo delle Meloni», «Vincenzina davanti alla fabbrica» di Jannacci viene trasformata in «Vincenzina davanti allo smartphone» adattata all’influencer che «si può guadagnare la pagnotta solo se fa la mignotta», L’arteriosclerosi è un duetto tra Mina e Celentano in cui si rinnovano ogni giorno il loro amore perché non si riconoscono. E poi i classici: Angela, Uomini sessuali e Samba Del Culu Piatto che parla di una ragazza nera senza culo e di cui Checco Zalone va molto orgoglioso: «In una sola canzone sono riuscito a fare blackface, catcalling e body shaming».

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